Jannik Sinner, decisione presa: ecco perché il numero 1 del mondo ha preferito che uscissero per sempre dalla sua vita.
Potevano fare due cose: sedersi e piangere sul latte versato, oppure cercare di tirarne fuori qualcosa di buono. Hanno optato per la seconda soluzione e scopriremo, tra non molto, se la loro scelta sia stata azzeccata o meno. Lo sapremo nel momento in cui, finalmente, Jannik Sinner tornerà in campo dopo i tre mesi di sospensione.

I membri del suo team hanno avuto le idee chiare sul da farsi sin da subito. Hanno stabilito che tanto valesse sfruttare la situazione in maniera propositiva, darle un senso. Ed è questo che, tutti insieme, hanno fatto. Il numero 1 del mondo si è messo completamente nelle loro mani e oggi, almeno a giudicare dalle parole del suo preparatore atletico Marco Panichi, non si sarebbe potuta fare scelta migliore. Proprio lui, al Corriere dello Sport, ha rivelato, pur senza scendere troppo nei dettagli, come siano trascorse queste lunghe e lente settimane.
“Abbiamo trasformato i micro-cicli di lavoro in macro-cicli – ha anticipato il successore di Umberto Ferrara, allontanato dal team di Jannik per via dei risvolti della vicenda Clostebol – siamo scesi nel particolare e nel dettaglio, abbiamo dedicato tanto tempo all’acquisizione di dati su Jannik, applicando moduli di allenamento per metterlo nelle condizioni di fare un altro salto di qualità importante. Da Roma in poi, questo lavoro dovrà dare i suoi frutti“. Che sembra un avvertimento, più che un auspicio.
Sinner volta pagina: non ne sente la mancanza
Nell’intervista, però, nel corso della quale Panichi, per ovvie ragioni, ha preferito non sbottonarsi eccessivamente per non guastare la sorpresa agli avversari di Sinner, si è parlato di un’altra cosa ancora.

I non addetti ai lavori potrebbero non aver notato che all’azzurro, in Australia, mancava qualcosa. A gennaio è tornato in campo senza avere con sé le cavigliere, di cui la maggior parte dei tennisti fa regolarmente uso. E dietro questa decisione si nasconde, a sua volta, uno sforzo di non poco conto. “Eliminare le cavigliere è stato un processo lungo ma importante per Jannik – ha osservato il preparatore – Con fondamentali risvolti psicologici. Facendo un profondo lavoro specifico, giorno dopo giorno il giocatore si è sentito sempre più sicuro”.
“Senza che gli facessimo alcuna pressione, a un certo punto è venuto lui da noi – ha aggiunto – sono pronto, ci ha detto. Da gennaio, in Australia, quando le ha smesse, non ne ha mai sentito la mancanza. Continuando a prestare la giusta attenzione alle sue fragilità, direi che indietro non si torna“. Anche perché, da questo momento in poi, ci sarà solo da andare avanti.