Altro fango su Sinner: c’è di mezzo il suo zampino

Una nuova tempesta si è ufficialmente abbattuta sul numero 1 del mondo: quello che Jannik Sinner ha passato era solo l’inizio.

Chiunque si fosse illuso che sarebbe bastato un accordo, con annessa squalifica, a sancire l’archiviazione del caso che ha tenuto banco per un anno intero, avrà preso una cantonata bella forte. Non saranno certo i tre mesi che trascorrerà fermo ai box, infatti, a “ripulire” la sua immagine e a decretare la fine di questa brutta vicenda.

Sinner
Altro fango su Sinner: c’è di mezzo il suo zampino (AnsaFoto) – Ilveggente.it

Ci vorrà ben altro, a quanto pare, perché il mondo si dimentichi del fatto che, durante la scorsa primavera, Jannik Sinner è risultato positivo al Clostebol. Tutto quello che è accaduto dopo lo conosciamo, oramai, a memoria. Un tribunale indipendente si è occupato del suo caso e ha decretato, dopo qualche tempo, che non ci fosse “dolo” da parte del tennista. Che la contaminazione è avvenuta in maniera del tutto casuale e che il numero 1 del mondo non intendeva doparsi. Anche perché la dose rinvenuta nel suo organismo era talmente irrilevante che, pur volendo, non avrebbe sortito l’effetto sperato.

Sta di fatto che c’è chi ancora non crede del tutto alla versione dei fatti riportata dall’azzurro e, di conseguenza, alla decisione del tribunale stesso. E neanche alla Wada, a questo punto, che ha inteso “punire” Sinner non per il doping in sé, ma per non aver sorvegliato abbastanza scrupolosamente sulle azioni messe in campo dai membri dei suoi team.

Sinner, ci risiamo: non è servito a niente

Le accuse, stavolta, arrivano dalla PTPA, che altro non è che il sindacato dei tennisti fondato da Novak Djokovic e Vasek Pospisil. L’associazione ha intrapreso un’azione legale nei confronti di Atp, Wta, Itf e Itia proprio in relazione, si legge nella nota diffusa a mezzo stampa, al modo in cui sarebbero stati gestiti “alcuni” casi doping. Incluso, naturalmente, quello di Jannik.

Djokovic
Sinner, ci risiamo: non è servito a niente (AnsaFoto) – Ilveggente.it

“L’Itia ha dimostrato nell’agosto 2024 – scrive il sindacato – che il suo approccio autoritario è arbitrario e selettivo. Quel mese, l’Itia ha annunciato che Jannik Sinner, il giocatore più quotato dell’ATP Tour, era risultato positivo due volte a uno steroide anabolizzante vietato all’inizio di quella stagione. A differenza della sua tenace ricerca di altri giocatori, tuttavia, ha accettato la spiegazione di Sinner secondo cui il suo fisioterapista aveva applicato accidentalmente una sostanza vietata sulla pelle di Sinner durante il trattamento. Come risultato della sua immediata accettazione, l’Itia ha concluso che Sinner non aveva “alcuna colpa o negligenza” per il suo test positivo e gli ha permesso di competere negli US Open del 2024, che Sinner ha vinto. Non c’è stata alcuna indagine che si sia trascinata per oltre un anno su un giocatore di spicco che non aveva espresso alcun problema con il cartello”.

Il che non è del tutto vero, considerando che l’indagine c’è stata eccome, sebbene a condurla non sia stata l’Itia ma Sport Resolution, il tribunale cui la stessa si sarebbe rivolta. E indovinate un po’? C’è anche lo zampino di Nick Kyrgios, che sin dall’inizio di questa storia ha vestito i panni di nemico giurato di Jannik, in questo comunicato. Del quale, siamo certi, si continuerà a parlare a lungo.

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