Matteo Berrettini ha sconvolto tutti con delle rivelazioni inaspettate: ecco cosa ha confessato il tennista romano a proposito dei controlli antidoping.
Gli si può dire tutto, ma non che non sappia stare allo scherzo. Matteo Berrettini è un buontempone e gli piace un sacco divertirsi con gli altri e divertire a sua volta. Lo dimostra il fatto che fosse perfettamente a suo agio, quando è stato ospite di Daniele Tinti e Stefano Rapone, che al tennista romano hanno dedicato una puntata del loro seguitissimo podcast Tintoria.

Ha raccontato fatti inediti, il finalista di Wimbledon 2021, ma ci ha anche permesso di scoprire alcune dinamiche, ignote ai più, relative al mondo del tennis. Ha soddisfatto, tanto per fare un esempio, la curiosità di quanti si sono sempre chiesti, ma non hanno mai approfondito, come funzionino i controlli antidoping (in concomitanza coi quali, ha detto, “la giornata inizia con l’Ave Maria”). Regalandoci, tra un dettaglio e l’altro, anche delle “perle”, dei siparietti tutti da ridere. Proprio perché, per l’appunto, il tennista romano, oltre al talento, ha anche la straordinaria capacità di raccontare fatti e aneddoti come fosse un vero mattatore.
Ecco, quindi, che la narrazione dei controlli antidoping si è trasformata, in men che non si dica, in un comico one man show che tante risate ha regalato sia al pubblico presente, che agli spettatori che hanno potuto godersi, seppur in ritardo, la puntata del podcast.
Controlli antidoping per Matteo Berrettini: è successo anche a lui
Berrettini ha rivelato, innanzitutto, che lui e tutti gli atleti del circuito devono obbligatoriamente servirsi di un’app di proprietà dell’Agenzia mondiale antidoping, la famosissima Wada.

E che, ogni sera, devono riferire, attraverso quest’app, dove di preciso dormiranno, così che gli eventuali controlli antidoping possano andare a buon fine. “Una roba stressante”, ha detto giustamente Matteo, facendo notare come in alcune occasioni, tipo quando si è in vacanza, possa diventare un po’ complicato gestire la situazione. Ma tant’è: bisogna farlo, altrimenti c’è il warning e dopo un tot di warning scatta automaticamente la squalifica. Rischio che nessuno, ovviamente, intende correre.
Il problema vero, però, come ha ammesso il romano, è un altro: “C’è un dettaglio da non sottovalutare – questa la rivelazione che ha sconcertato i due conduttori del podcast – loro ti devono guardare mentre la fai (la pipì, ndr). Se ce la faccio a farla così? Non posso stare tre ore e quindi ad un certo punto chiudo gli occhi e vado. Questo perché in passato le persone dopate avevano dei trabiccoli con dei peni finti, delle protesi e versavano la pipì di un altro, pulita. L’avevano nei pantaloni e per questo loro ora si assicurano bene. I pantaloni giù fino alle caviglie, immaginatevi questo in Cina, appena arrivato dopo tante ore di jet lag”. La dura vita del tennista…