Sinner, non crepi l’avarizia: è peggio di zio Paperone.
Ci spiace per Sascha Zverev, che l’ha presa malissimo, ma quella di domenica è stata una finale a senso unico. Jannik Sinner ha dominato dal primo all’ultimo istante e, fatta eccezione per qualche piccolo errore, il tedesco non ha mai realmente avuto la possibilità di rimontare o di far prendere una piega diversa ad una partita che è parsa decisa sin dai primi scambi.
Con un pizzico di cattiveria in più, forse, la sua performance sarebbe stata migliore, ma l’arrendevolezza che ha caratterizzato la sua prestazione non gli ha permesso, a conti fatti, di tenere testa al campione in carica. Gli ha servito la vittoria su un piatto d’argento, dunque, e il tennista altoatesino, dal canto suo, è stato bravissimo a prenderla senza fare sconti all’ultimo avversario che doveva battere per conquistare gli Australian Open per la seconda volta consecutiva.
Una vittoria netta, nettissima, dunque, della quale non abbiamo mai avuto ragione di dubitare. E che è valsa a Sinner, oltre che tanti soldi, prestigio e punti utilissimi in chiave Atp, anche un altro record di non poco conto. Il pusterese, infatti, con questo bis quasi scontato, ha salito un ulteriore gradino in direzione dell’Olimpo dei grandi.
Pochi tennisti, prima di lui, erano riusciti in un’impresa così difficile, quasi impossibile per buona parte dei tennisti che popolano il circuito maggiore.
Il numero 1 del mondo – che tale non è per una pura casualità – non ha concesso neanche una palla break al suo avversario tedesco durante la finalissima degli Australian Open. Una cosa piuttosto insolita in una circostanza di questo genere, atteso che, per l’appunto, si contano sulla punta delle dita gli atelti che possono dire di aver fatto lo stesso negli ultimi 35 anni.
Ma Sinner è stato così avaro, così spietato, da non aver mai creato false illusioni nel povero Zverev, che ha capito subito come sarebbe andata a finire e quanto difficile sarebbe stato intralciare i piani del rivale che aveva di fronte. Jannik, in definitiva, è il quarto tennista ad aver messo il sigillo su una tale impresa, che non è riuscita, pensate un po’, neppure a Novak Djokovic. Prima di lui ce l’hanno fatta solo Pete Sampras, a Wimbledon nel 1995, Roger Federer, sempre in Church Road ma nel 2003, e Rafael Nadal, che fu altrettanto avaro agli Us Open del 2017. Che sia fatto della loro stessa pasta?
Questo contenuto è stato modificato 27 Gennaio 2025 17:30
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