Sinner, tutto ma non quello: la sua reazione è piuttosto eloquente.
Nessuno lo ha detto meglio di Matteo Berrettini, che la scorsa settimana, durante le Finals di Coppa Davis, ha passato al microscopio il modo di fare di Jannik Sinner. “Arriva come se fosse l’ultimo, mentre invece è il primo”: si è espresso in questi termini il tennista romano, alludendo al fatto che, malgrado tutti i suoi successi, il numero 1 del mondo sia un ragazzo umilissimo che non si è montato la testa.
E lui per primo tende un po’ a minimizzare, a dirla tutta, ogni volta che si parla della sua incredibile carriera e di tutti i premi che ha collezionato a dispetto della sua giovane età. Tanto è vero che a Torino, in conferenza stampa, dopo essersi aggiudicato la vittoria alle Nitto Atp Finals, ha rilasciato una dichiarazione che la dice lunga su come sia: “Ho solo 23 anni – queste le sue parole – e non si possono fare paragoni con atleti che hanno avuto una carriera incredibile. Alla fine, io ho fatto una sola buona stagione. Bisogna vedere come andrà tutta la mia carriera. Adesso non ha proprio senso parlarne”.
La sua risposta è figlia, come facilmente intuibile, di qualche confronto. Gli si faceva notare, in conferenza stampa, di essere già diventato popolarissimo e di poter competere, in termini di fama, con alcuni mostri sacri che hanno fatto la storia del passato. Ma questi paragoni, e non è neanche la prima volta che lo sottolinea, sembrerebbero non piacergli neanche un po’.
Il riferimento della Gazzetta dello sport, che ne aveva anche scritto sulle sue colonne, era a Tomba, Rossi, e ancora Coppi, Pellegrini, Bartali, Mennea. Paragoni sicuramente lusinghieri, ma evidentemente mal tollerati dal campionissimo italiano, che ai confronti – soprattutto a quelli con Carlos Alcaraz – è stato refrattario sin dall’inizio.
Ha liquidato la questione con un “Non ha senso parlarne adesso”, ma non è questo, tuttavia, il passaggio più cruciale di quella sua dichiarazione. Piuttosto, troviamo che sia interessante notare come Sinner cerchi di minimizzare i suoi incredibili successi. Sostiene di aver fatto una “sola buona stagione”, come a voler dire che è ancora troppo presto per tirare le somme e per annoverarlo tra i mostri sacri di cui sopra. Ed è proprio in sfumature come questa che si percepisce l’essenza del campione che poi Jannik realmente è.
Un tennista che, pur avendo vinto un botto e guadagnato altrettanto, ha ancora i piedi perfettamente ancorati per terra. Come se avesse paura che il sogno che sta vivendo potesse sgretolarsi da un momento all’altro. E come se, soprattutto, l’incredibile talento che ha dimostrato di avere possa svanire nel nulla lasciandolo a mani vuote.
Questo contenuto è stato modificato 27 Novembre 2024 10:46
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