Non sembra esserci via d’uscita per il campione altoatesino: Jannik Sinner ancora nella bufera, caos senza fine.
Una cosa è certa. Jannik Sinner, benché il tribunale indipendente abbia proclamato la sua innocenza, scenderà in campo al Flushing Meadows con addosso una pressione psicologica pazzesca. Perché si parla ancora, cosa inevitabile, del caso di doping in cui si è ritrovato coinvolto per effetto di una catena di leggerezze che poteva costargli cara, molto cara.
In pochi si sono esposti per difenderlo, mentre in molti hanno puntato il dito contro di lui e contro le conclusioni tratte dall’Itia, che ha appurato l’assenza di dolo dietro la presenza, nel suo organismo, di tracce di Clostebol. Dovremmo sapere tutti, a questo punto, come sia avvenuta questa contaminazione del tutto – dice la sentenza – involontaria, eppure c’è chi continua a storcere il naso e ad esprimere, in toni anche molto duri, il proprio dissenso rispetto alla decisione del tribunale indipendente.
Nessuna squalifica è stata prevista per Sinner, alla luce della sua innocenza, cosa che non è andata giù a molti. Al collega Nick Kyrgios, in primo luogo, che ha intrapreso una vera e propria crociata contro il numero 1 del mondo. E neppure a Denis Shapovalov, che prima di correggere il tiro e di evidenziare che non ce l’ha con Jannik aveva alluso, senza giri di parole, al fatto che in certe circostanze valga la regola del “due pesi, due misure”.
Ha parlato dell’affaire Sinner sui social anche l’ex ciclista Stefano Agostini, che nel 2013 risultò positivo a un controllo antidoping che rilevò la presenza, nel suo organismo, di un quantitativo infinitesimale di una sostanza di cui ignorava l’esitenza. Era il Clostebol, lo stesso principio attivo alla base dello spray che Naldi, su consiglio di Ferrara, ha utilizzato per curare una ferita, ignaro del fatto che massaggiando il tennista a mani nude lo avrebbe contaminato.
“Il giorno dopo – ha raccontato Agostini, ripercorrendo la sua storia – la squadra mi sospese e un mese dopo mi licenziò“. “Per mesi cercai di spiegare all’UCI come mai si trovassero nel mio corpo quei 0,7 nanogrammi e fu chiaro a tutti che non ci fosse stato nessun intento di alterare qualsiasi prestazione”. nessuno gli credette, però, e lui non accettò mai la squalifica di 15 mesi inflittagli, tanto è vero che smise di gareggiare a 24 anni.
Infine, il parallelismo con il numero 1 del mondo. “Sono felice per lui (per Sinner, ndr) perché sono certo, come è stato nel mio caso, che l’assunzione non fosse mirata a migliorare la prestazione sportiva, ma allo stesso tempo resto perplesso per la totale differenza di approccio rispetto a due atleti, entrambi professionisti (non voglio fare paragoni), ma che praticano sport diversi”.
Questo contenuto è stato modificato 24 Agosto 2024 08:56
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