Berrettini, lo hanno pugnalato davanti alle telecamere come se niente fosse: Matteo subito colpito e affondato.
Era il quindicesimo miglior giocatore al mondo, quando seppe di essere stato convocato in qualità di riserva del team Europe in Laver Cup. Già allora erano iniziati i primi acciacchi, ma non sapevamo ancora quanti altri infortuni e tiri mancini il destino gli avrebbe riservato da lì in avanti. Fatto sta che quella notizia, come facilmente intuibile, gli fece scoppiare il cuore di gioia.
Soprattutto perché era già noto che quello non sarebbe stato un torneo qualunque. Interessava a pochi scoprire quale, tra il team degli europei e quello dei tennisti provenienti dal resto del mondo, meritasse di vincere la competizione. I riflettori erano tutti, per ovvie ragioni, per Roger Federer, che solo 12 giorni prima aveva annunciato al mondo la decisione più dolorosa di tutti: quella, cioè, di ritirarsi e di uscire di scena una volta per tutte.
La “cerimonia” in sé è stata stupenda e bello è stato anche tutto il contorno, come si evince chiaramente dal documentario dedicato agli ultimi giorni della sua carriera, lanciato su Prime Video lo scorso 20 giugno. Si ride, ci si commuove, si finisce col provare tutto quello che sembra passare per la testa all’imbattibile svizzero.
Impossibile non pensare, mentre le immagini passano sullo schermo, al privilegio che ha avuto Berrettini. Essere stato lì, nel giorno in cui il suo beniamino indiscusso diceva addio al tennis, dev’essere stato l’onore più grande di tutti. Peccato anche che abbia spifferato al mondo che dietro le quinte della Laver Cup, in sua assenza, qualcuno lo “pugnalava” senza pietà.
Alla vigilia dell’inizio del torneo, prima delle foto di rito in giro per Londra, Federer e gli altri hanno preso parte ad una festa. Si vedono arrivare, uno dopo l’altro, tutti i tennisti dei due team, inclusi Djokovic, Murray, Tsitsipas e Tiafoe. Non c’è invece traccia, in un primo momento, di Matteo, che a giudicare dalle parole di Nole deve essere un ritardatario cronico.
Poi, l’affondo, la “pugnalata”, in senso ironico s’intende: “Non avevo il minimo dubbio che sarebbe stato lui l’ultimo. Deve essere sempre il più bello di tutti”, dice Djokovic, che con questa battuta fa ridere di gusto tutti gli altri. Salvo poi ricomporsi nel momento in cui Berrettini, bello effettivamente come il sole, non s’intravede all’orizzonte. In ritardo, sì, ma pronto per la festa più memorabile di tutti i tempi.
Questo contenuto è stato modificato 22 Giugno 2024 10:37
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