Sinner, c’è qualcosa che forse non sai a proposito del campione dell’Alto Adige: lo fa da sempre, è come un vizio.
Un campione unico nel suo genere. Consapevole delle proprie potenzialità, ci mancherebbe pure, ma al tempo stesso costantemente impegnato a migliorare sempre più. Non si sente mai arrivato, Jannik Sinner. Lavora, lavora e ancora lavora. Ed è proprio questo, probabilmente, unito al suo incredibile talento, ad aver fatto la differenza.
Se si fosse arenato, convinto di essere già uno dei migliori, non avrebbe mai ottenuto i risultati pazzeschi che fanno bella mostra di sé, oggi, nel suo palmares di tutto rispetto. Un palmares da vero campione, costruito in pochissimo tempo con passione e dedizione, forza di volontà e spirito di sacrificio. Ma anche, perché no, con una buona dose di strategia. Perché un tennista deve essere anche “furbo”. Non basta che sganci dritti da paura e che sia incisivo in difesa. Dev’esserci, necessariamente, dell’altro.
E nel suo caso c’è. Allo stacanovismo più assoluto il nativo di San Candido ha saputo abbinare un’esemplare gestione delle emozioni. La sua forza non è solo fisica, ma anche mentale, tanto è vero che l’ex tennista Angelo Mangiante, oggi giornalista e telecronista sportivo, non ha potuto fare a meno di tessere le lodi dell’azzurro nell’intervista rilasciata nei giorni scorsi a Fanpage.
Sinner lo fa da sempre: ormai è un vizio
Il romano ha evidenziato un aspetto piuttosto interessante della personalità di Jannik, mettendo in luce come anche le strategie di cui parlavamo pocanzi, appunto, possano potenzialmente fare la differenza.
“Agli avversari nasconde sempre le sue insicurezze – ha sentenziato Mangiante a proposito del tennista altoatesino – e questo è un vantaggio. È umile, con una spiccata cultura del lavoro, che dedica tutto se stesso all’allenamento. Un esempio di applicazione, concentrazione e sacrificio. Sinner che vince sul campo lo vediamo tutti, ma ci sono tanti che lo fanno. Lui però rappresenta un modello anche fuori dal campo”.
Cosa che il telecronista, a quanto pare, notò sin dalla notte dei tempi, dalla prima volta in cui lo vide giocare di persona. In quell’occasione, ha rivelato, “mi ha colpito la concentrazione, la sicurezza e la tranquillità che aveva in campo. Era diverso, l’avevo visto giocare per la prima volta al Foro Italico contro Musetti ed era un giocatore che avendo solo 17 anni non faceva trasparire emozioni. Mi era piaciuta la sua capacità mentale, mi sembrava già un giocatore fatto”. Aveva avuto occhio, l’ex tennista. Era solo questione di tempo perché sbocciasse e spaccasse tutto.