Berrettini non è proprio riuscito a spiegarselo: l’incredulità del tennista romano e le conseguenze di ciò che è accaduto.
Sei minuti. Tanto è bastato a Matteo Berrettini per mettersi a nudo. Per mostrare l’altra faccia della medaglia, quella che non è mediaticamente esposta e che, per forza di cose, non potevamo in alcun modo vedere. E che forse neanche avremmo voluto vedere, per la verità. Perché certe persone le idealizziamo ed è dura, poi, realizzare che pure loro sono essere umani in carne ed ossa, anche se ci sembrano dei supereroi. Con le loro debolezze, le loro fragilità.
Il romano ha due spalle così. Un metro e 96 centimetri di muscoli perfettamente scolpiti e di potenza. Ma questo non significa, purtroppo, che sia immune a certe cose. Come la depressione, per esempio, quella parola che ha avuto il coraggio di tirare fuori durante la prima puntata di Zeta, la nuova serie targata Red Bull che racconta la Generazione Zeta e che lo fa attraverso 5 storie di giovani atleti. A lui è spettato l’onore di dare il via alle danze e di mostrare la pubblico la sua vera anima, attraverso una lezione di vita della quale tutti dovremmo fare tesoro.
Ma anche di raccontare quei mesi, durissimi, in cui ha toccato il fondo. Lo ha fatto perché adesso è acqua passata, ma va da sé che, seppur lontano nel tempo, il periodo di depressione che ha attraversato abbia lasciato un solco profondo. Oggi Matteo è rinato, ha ripreso la sua vita in mano. Ma le cicatrici, vuoi o non vuoi, restano. Così come resta, forse, la paura di ricaderci.
Quando Berrettini, nella puntata di Zeta, inizia a parlarne, lo fa con estrema delicatezza. Come se avesse paura, quasi, di dire ad alta voce quella parola lì: depressione. Lo fa quindi con grande tatto ed umiltà, spiegando che tutto è accaduto all’improvviso e che proprio non era in grado di comprendere le ragioni di quel suo stato d’animo.
Aveva una fidanzata bellissima e presente, “una famiglia pazzesca, amici pazzeschi”. Faceva il lavoro dei suoi sogni, aveva vissuto momenti formidabili, eppure era infelice. “Com’è possibile?”, ha ammesso di essersi chiesto più e più volte, incredulo dinanzi a quei sentimenti che non riusciva, evidentemente, a spiegarsi. La luce s’è spenta subito dopo gli Us Open, all’indomani dell’ennesimo infortunio, ma aveva radici molto più profonde che Matteo individua nel fatto di essere stato costretto a rinunciare, in passato, a degli eventi per i quali si era preparato con grande entusiasmo: le Finals 2021, ad esempio, ma anche Wimbledon 2022.
“È stato il momento più difficile – dice nella puntata di Zeta – durante il quale ho sentito che il serbatoio si era completamente svuotato e che facevo veramente fatica ad alzarmi dal letto la mattina. A un certo punto ho detto: adesso faccio solo le cose che mi va di fare. Ho dovuto prendermi cura di me stesso”. E questa partita, per fortuna, l’ha vinta lui.
Questo contenuto è stato modificato 10 Aprile 2024 08:21
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