Berrettini, ecco cosa si nascondeva realmente dietro il suo insolito comportamento: tutti i nodi vengono al pettine.
Va bene il talento, va bene la forza, va bene la prestanza fisica. Nulla di tutto ciò ha importanza, però, se la mente non sostiene il corpo. E lo sa bene Matteo Berrettini, che durante la conferenza stampa di martedì, svoltasi via Zoom, ha toccato un tema estremamente delicato, aprendosi con i giornalisti che gli hanno posto le domande più svariate.
Erano tanti, dopo tutti questi mesi di silenzio, i dubbi da sciogliere. Il romano ha risposto a tutto senza indugio, senza volersi più nascondere. Proprio alla luce di ciò, ha ben pensato che fosse il caso di fare chiarezza, una volta per tutte, su cosa realmente sia accaduto nei lunghissimi mesi che ha trascorso ai margini del circuito. Il problema al piede c’è stato, naturalmente, ma era solo la punta dell’iceberg. Sotto quello strato di ghiaccio che il pubblico, per forza di cose, non poteva vedere, c’era molto altro ancora. E adesso, finalmente, lo sappiamo tutti.
“Il momento più difficile? L’infortunio agli US Open e i mesi successivi – con queste parole Berrettini ha introdotto l’argomento – Mi sentivo esaurito a livello energetico, la fisioterapia ecc, era uno sforzo più grande di me. Come ho fatto? Sono ripartito dalle basi, cercare di capire perché mi piace giocare a tennis, mettendo ordine, giorno dopo giorno, facendo le domande giuste”.
Berrettini, l’era glaciale è giunta al termine: la fine di un incubo
Dopo aver chiarito che, pur essendo stato rivoltato come un calzino, i medici non hanno individuato altro che una leggera forma di scoliosi, il tennista romano ha voluto spiegare cosa fosse accaduto nella sua mente.
“Sono stati mesi complicati – ha detto – in cui non sono riuscito a giocare a tennis, competere, quello che amo più fare e questo mi ha fatto soffrire parecchio, rispetto al passato ho sofferto di più questa cosa qui, mi impegnavo sempre di più e poi non riuscivo a sentire la competizione, c’è stata questa difficoltà ma credo di averla superata, mi sento bene mentalmente e fisicamente, ho tanta voglia di tornare a competere e sentirmi ancora un giocatore”.
“Un pochino, nonostante siamo nel 2024, credo che un po’ di pregiudizio ci sia ancora nel prendersi cura della propria mente, delle difficoltà – ha osservato Berrettini – Credo che sia molto importante oggi, per tutte le persone che ne sentono il bisogno. Poi è ovvio che un mestiere come il mio si è sotto i riflettori, quindi si amplifica tutto. Credo sia importante prendersi cura di queste cose qui. Lavoro con un mental coach da quando ho 17 anni, è una parte fondamentale del mio percorso”. E chissà che quell’iceberg non si sia finalmente sciolto.