Sinner, così il tennista altoatesino è riuscito a lasciare senza parole il suo avversario: una “doppietta” molto rara.
Il merito è di mamma Siglinde e di papà Hanspeter, che lo hanno allevato nel migliore dei modi. E su questo non ci piove. Ma anche di chi, quando era ancora un ragazzino senza aspettative ma con tanti sogni, l’ha accolto nel suo giardino di talenti per forgiarlo e fare di lui un campione.
Si è visto in diverse occasioni, infatti, che Jannik Sinner è cresciuto circondato da una marea di esempi positivi. Dai suoi genitori ha ereditato quella è probabilmente la sua forza più grande: la dedizione, la propensione al lavoro e anche alla fatica. Si dice di loro che siano due grandissimi stacanovisti e che abbiano immolato la propria vita al rifugio presso il quale hanno lavorato per tantissimi anni. Adesso il papà segue Jannik in giro per il mondo: al team serviva uno chef provetto e lui, guarda caso, smanetta ai fornelli da che ha memoria. La mamma, invece, riservata anche più del figlio, è rimasta a gestire l’attività di famiglia tra i monti.
Ma se Jannik, oggi, è un campione in campo e nella vita lo deve anche alle persone che ha incrociato durante la sua esperienza a Bordighera. A partire da Riccardo Piatti, che gli ha messo in mano gli strumenti per diventare un top ten, a finire a Maria Sharapova, che Sinner in quegli anni ha frequentato a lungo tra le mura dell’Accademia. E probabilmente è lì che ha imparato la nobile arte del fair-play, sconosciuta a molti ma non a lui.
Sinner, che campione: De Jong lo sa bene
Qualche giorno fa, durante la partita valida per il secondo turno degli Australian Open, il nativo di San Candido è riuscito nella non semplice impresa di lasciare il suo avversario senza parole non per una, ma per ben due volte.
Dall’altra parte della rete c’era Jesper De Jong, che è rimasto piacevolmente sorpreso dalla sportività del suo rivale. Era evidente che non ci fosse gara, tant’è che Sinner ha vinto in 3 set lasciando all’avversario solo 6 game, ma la sua manifesta superiorità non ha mai fatto venire meno la sua proverbiale umiltà. Jannik ha espresso tutto il suo fair-play, dicevamo, in due occasioni. Nella prima quando un telefonino è squillato proprio mentre De Jong stava battendo: la palla è finita fuori dal campo e Sinner gli ha chiesto se volesse ripetere la prima.
L’olandese ha preferito di no, ma dalla sua espressione è stato chiaro quanto strana, in un mondo di atleti che di sportivo hanno ben poco, gli sia sembrata quella richiesta. Ha fatto il bis, in termini di gentilezza, quando il suo avversario, cadendo a terra, ha perso il controllo della sua racchetta. L’azzurro è corso a recuperarla per restituirgliela. E se pensate che questi gesti siano scontati, purtroppo vi sbagliate. Sono gesti da campione. Quello che, appunto, è Jannik. Più unico, che raro.