Berrettini non è riuscito a nascondere la sua delusione davanti all’ennesimo sgambetto da parte del destino: che amarezza nelle sue parole.
133. Tanti sono i giorni trascorsi da quando Matteo Berrettini, un tempo numero 1 d’Italia, è sceso in campo per l’ultima volta. Era il 31 agosto e al di là della rete, sui campi in cemento degli Us Open, c’era Arthur Rinderknech, quando il romano ha accusato una distorsione alla caviglia destra.
Sembrava un infortunio da niente, ma così non era. Di fatto, ha impedito al finalista di Wimbledon 2021 di giocare per altri 4, lunghissimi, mesi. Ma ora, così pare, il peggio è finalmente alle spalle. Dopo un altro falso allarme che lo ha costretto a posticipare il rientro, Berrettini è partito inaspettatamente alla volta della terra dei canguri e degli Australian Open. Desideroso, più che mai, di fare ciò che troppo a lungo gli è stato negato: giocare a tennis. Con ancor più razionalità e lucidità di quanta già non ne possedesse.
“Vi potete aspettare un Berrettini più consapevole di cosa significhi vivere la vita a 360 gradi – ha detto Matteo alla vigilia del rientro, come riferisce la Gazzetta dello Sport – In fondo viviamo fin da piccoli in una bolla, in cui pensi solo a vittorie, sconfitte, tattiche di gioco. Poi ti accorgi che la vita è fatta anche di altre cose, come la gioia di fare il tuo lavoro. Voglio ritrovare la sensazione di scendere in campo non con il mondo sulle spalle, ma accanto a me. Non è questione di ranking, soldi o altro, ma di sfida con me stesso. È quello che mi ha fatto dire: ho ancora delle cartucce da sparare“.
Cartucce che potrà sparare già in occasione del Kooyong Classic, al quale ha deciso di partecipare al fotofinish per sgranchirsi un po’ le gambe prima che scocchi l’ora dello Slam. Al torneo di esibizione ha già debuttato Jannik Sinner, che sembra essere, oggi, una sorta di punto di riferimento per il campione romano.
“Ho enorme rispetto per Jannik e per quanto migliora sempre – ha detto il romano – Ho sempre saputo che sarebbe diventato quello che è adesso, era solo questione di tempo. Sul veloce, per me dopo Djokovic c’è lui”.
Dopodiché, si è lasciato andare ad una considerazione piuttosto amara che spiega, seppur solo in parte, quanto male abbiano fatto tutte le ferite che il destino gli ha inferto nel momento d’oro della sua carriera. “Sicuramente mi sarebbe piaciuto essere alle Atp Finals – queste le sue parole, che sanno di rimpianto – e godermele quanto se le è godute lui. L’infortunio di due anni fa a Torino è stata probabilmente la più grande delusione della mia carriera“. Fortuna che c’è sempre tempo per cancellare i ricordi brutti con altri belli.
Questo contenuto è stato modificato 10 Gennaio 2024 10:30
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