La notizia dello stop al Decreto Crescita ha scosso il calcio italiano più della sentenza dell’UE relativa ai limiti UEFA e FIFA sulla Superlega.
Alessandro Giudice, giornalista del Corriere dello Sport, è intervenuto in diretta ai microfoni di TvPlay per analizzare la situazione e sottolineare le criticità del calcio italiano. Il giornalista, pur muovendosi dalla volontà di comprendere le ragioni dei contrari al Decreto Crescita, è apparso assai severo nei confronti dei sostenitori della decisione del Governo.
“Oggi il calcio italiano ha un deficit di ricavi. Quelli che esultano sui social per questa decisione sul Decreto Crescita sono poi gli stessi che appena si apre la campagna acquisti insultano i presidenti che non spendono“, ha esordito Giudice. “Il calcio è un’industria come tutte le altre. Da questi ricavi ci sono le risorse per fare eventualmente degli acquisti. Certo che c’è il presidente indifendibile e c’è la proprietà che lavora in maniera più trasparente, ma noi dobbiamo ragionare a livello di sistema…”
“Queste risorse permettevano al nostro calcio di acquistare qualche calciatore migliore colmando la differenza di ricavi che c’è con altri club“, ha continuato l’intervistato. “Il primo effetto di questa decisione è che arriveranno meno giocatori dall’estero. Il Loftus-Cheek, il Thuram o il Rabiot di turno…”
Secondo l’intervistato molti campioni stranieri non arriveranno più. “Oppure, se si prenderanno, bisognerà spendere di meno per altri. C’è chi dice che è un bene perché si darà più spazio ai giovani, ma questo mix permetterà di essere competitivi anche all’estero?”
Fine del Decreto Crescita: “Il calcio italiano ora non può dire di no alla Superlega“
Il giornalista si è chiesto, retoricamente, come mai i giovani italiani facciano così fatica ad andare in prima squadra. “Il Decreto Crescita valeva per gli ingaggi oltre il milione, non interessa dunque a tutti gli altri giocatori italiani che guadagnano meno. Quindi non è che non giocano perché arrivano stranieri che costano meno, ma perché sono scarsi“.
“Prendiamo come esempio l’Under 23 della Juventus dove molti giocatori sono stranieri. Vedi Soulé, Iling-Jr e Yildiz: solo Miretti e Fagioli, da italiani, sono arrivati in prima squadra”, ha continuato il giornalista.
Riguardo alla Superlega, Giudice ha sottolineato che a oggi la Lega Serie A non può impedire alcuna adesione. “Io come società posso anche firmare un accordo che stipula la mancata adesione alla Superlega, ma che valenza ha tutto ciò? Ci dimentichiamo che è una competizione che al momento non esiste! Cioè, voglio vedere come possano pensare di escludere delle squadre da un campionato per non aver aderito a un torneo che attualmente non esiste”.
“Il Milan vale circa un miliardo e il prestigio economico di una società è sempre dato dal valore attuale dei flussi di cassa futuri che quella società può aggiungere. Quindi se tu da un miliardo aggiungi 100 milioni l’anno, allora in dieci anni arrivi a quell’ordine di grandezza di un miliardo“.
“La Superlega si farà“, ha concluso il giornalista, “o comunque qualcosa di simile, perché l’assetto del calcio attuale secondo me non può reggere”.