Sinner, quanti problemi: è rimasto spiazzato

Sinner, altro che passeggiata di salute: è tutto più complicato di quanto previsto e le sue difficoltà sono oggettive.

Che sia speciale è sotto gli occhi di tutti. Non solo a livello sportivo, benché sia innegabile che abbia un talento unico nel suo genere che gli ha permesso, non a caso, di conquistare il quarto posto della classifica mondiale. Lo è anche da un punto di vista prettamente umano, essendo lui molto diverso da tanti altri volti del panorama tennistico.

Sinner, quanti problemi: è rimasto spiazzato
Jannik Sinner (AnsaFoto) – ilveggente.it

Come Jannik Sinner, e sono in tanti a sostenerlo, non c’è nessuno. Potrebbe sembrare di parte che a dirlo sia il suo preparatore atletico, ma non è così. Perché chiunque lo abbia conosciuto o incontrato lungo il suo cammino è rimasto sorpreso, appunto, dalla sua dedizione e dalla sua genuinità. Le due caratteristiche che, unite alla determinazione che lo connota, hanno fatto sì che si imponesse nel circuito maggiore. Parte del merito di questa impresa va ovviamente proprio a lui, ad Umberto Ferrara, che lo sta preparando ad Alicante e che in un’intervista a Studio Aperto Mag ha rivelato molti aspetti a noi sconosciuti dell’ascesa del nativo di San Candido.

“Jannik – queste le parole del suo preparatore atletico – oltre ad essere un tennista di livello elevatissimo, e questo è sotto gli occhi di tutti, è come prima cosa un ragazzo speciale. Onestamente senza voler fare paragoni con tutti i tennisti che ho allenato lui è veramente qualcosa di diverso. Una dedizione al lavoro, una semplicità e un approccio alle cose della vita molto onesto. È un piacere stare con lui anche fuori del tennis”.

Sinner, altro che passeggiata: è stata una sudata

Quando Ferrara ha iniziato a lavorare con lui, Sinner non era ancora il campione incontrastato che è oggi. Era bravo, molto bravo, ma ancora “acerbo”. Con dei limiti evidenti sui quali è stato necessario intervenire sin da subito.

Sinner, quanti problemi: è rimasto spiazzato
Umberto Ferrara e Simone Vagnozzi (AnsaFoto) – ilveggente.it

“Quando ho iniziato a lavorare con lui – ha raccontato – ho trovato un ragazzo che era abituato ad allenarsi ma che probabilmente per scelte di programmazione era arrivato dal punto di vista fisico un po’ in difficoltà e questa è stata la mia occasione. Mi hanno chiamato proprio per cercare di andare in una determinata direzione che non era quella seguita in precedenza, questo non per criticare chi c’era prima di me. Per me è stato difficile perché c’era tanto da lavorare, ma anche facile perché ho trovato un ragazzo, un atleta e una persona consapevole del lavoro che c’era da fare e che c’è ancora da fare”.

Chi pensa che sia stata una passeggiata e che basti il solo talento per diventare numeri 1, si sbaglia. Di grosso.

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