Sinner, le dure parole in un’intervista. Ecco perché il fratello preferisce dissociarsi dal successo di Jannik.
C’era una volta, tanto tempo fa, un bimbetto dalla zazzera rossa che veniva al mondo tra le montagne del Trentino Alto Adige (a proposito, sai che puoi pernottare a casa Sinner, se lo desideri?). Era il primogenito della famiglia, ma nella casa in cui è poi nato e cresciuto c’era già un altro bimbo di nome Mark.
Era arrivato a San Candido all’incirca tre anni prima. Aveva 9 mesi soltanto quando dalla Russia, più precisamente da Rostov, era stato portato in Italia. Siglinde e Hanspeter Sinner lo avevano adottato prima ancora dell’arrivo di Jannik, nella convinzione di non poter avere figli. Quando poi avevano scoperto della gravidanza, la sorpresa era quindi stata ancor più grande. Anche per lo stesso Mark, fratello maggiore del famosissimo tennista, che preferisce tenere un profilo basso ma che è legatissimo a quel “bimbo” ormai gigantesco in cui si imbattè per la prima volta nell’agosto del 2001.
Lo stima, lo rispetta, nutre per lui una grandissima ammirazione. Ma, al tempo stesso, ne prende le distanze. Perché non ci sta, il 25enne Mark, ad essere trattato come il “fratello di”. Come quello che ha condiviso la stanza con un campione e che dal cui status potrebbe ricevere innumerevoli benefici. No, la sola prospettiva di vivere di luce riflessa lo fa inorridire, come si evince chiaramente dall’intervista che ha rilasciato al quotidiano Alto Adige.
Sinner, il fratello Mark si dissocia: “Io ho la mia vita”
Timido come Jannik, un po’ impacciato e per nulla a suo agio nel raccontare la sua vita privata, il maggiore di casa Sinner sembra caratterialmente molto simile al recordman di San Candido.
“Sono felice dei risultati che Jannik sta ottenendo – afferma Mark nell’intervista – lo seguo tutti i giorni. Ma io ho la mia vita ed è rimasta uguale a prima. La popolarità non ci ha affatto cambiato”. E se c’è una cosa che proprio detesta, sono quelli che lui definisce “trattamenti speciali”. Quelli di cui potrebbe giovare, se solo lo volesse, in quanto fratello di Jannik. Lui, però, non vuole neanche sentirne parlare. Campare di rendita? Giammai. Preferisce continuare a lavorare come istruttore dei vigili del fuoco e far tesoro degli insegnamenti di mamma e papà, dei quali parla con lo stesso orgoglio che si legge in faccia al tennista ogni volta che li nomina.
Descrive il loro rapporto come “normale”, mentre i suoi occhi si illuminano nel momento in cui parla di come cambia la sua quotidianità quando il suo fratellino torna a casa. “Quando torna – ha ammesso – è bellissimo. Facciamo lunghe passeggiate in montagna, con i miei e i suoi amici, tutta gente del posto. E quando possiamo giochiamo anche a golf”. Una felicità, la sua, fatta di piccole cose. L’insegnamento più grande che mamma Siglinde e papà Hanspeter potessero trasmettere ai loro figli.