Wimbledon, la federazione britannica nel “panico” più totale: decisiva la decisione presa quattro anni fa.
Qualcuno, tra gli organizzatori di Wimbledon, avrà leggermente storto il naso dopo la seconda semifinale andata in scena ieri pomeriggio. Tutti pensavano ad un netto successo della favoritissima Simona Halep, già campionessa nell’edizione 2019 e apparentemente tornata ai suoi livelli nei turni precedenti.
E invece ecco la sorpresa: a sfidare la tunisina Ons Jabeur sarà la 23enne kazaka Elena Rybakina, che con un periodico 6-3 si è imposta più esperta giocatrice rumena. Risultato forse poco gradito alla federazione britannica che, nei mesi scorsi, aveva optato per la drastica decisione di impedire ai tennisti russi e bielorussi di partecipare ai Championships in seguito all’aggressione dell’Ucraina. Una scelta chiaramente politica e fortemente divisiva che ha sin da subito alimentato discussioni su discussioni. Basta pensare che Atp e Wta, di comune accordo, hanno deciso di non assegnare punti per il ranking in segno di protesta. Per questo è abbastanza paradossale e curioso vedere approdare nella finale del singolare femminile una tennista nata a Mosca. E russa a tutti gli effetti fino al 2018, quando scelse di prendere il passaporto del Kazakistan e di affiliarsi alla federazione di Astana.
Wimbledon, la Rybakina è kazaka “solo” dal 2018
Le ragioni, come ha spiegato in passato la stessa Rybakina, sono principalmente di natura economica. Sì, perché la finalista di Wimbledon non proviene da una famiglia agiata. E la federazione kazaka – come spesso ha fatto con altri tennisti russi – le fece un’ottima offerta, con la promessa di aiutarla ad intraprendere la carriera professionistica. È grazie a loro che la Rybakina poté permettersi un coach – il croato Stefan Vukov – e scalare posizioni nel circuito, fino ad arrivare a un passo dalla top ten (al momento è 23esima).
Adesso sarà davvero incredibile vederla giocare addirittura in una finale Slam alla quale, in teoria, non avrebbe dovuto neanche partecipare.