Berrettini, vi siete mai chiesti perché il romano giochi al Queen’s meglio che in qualunque altro campo al mondo? Ecco la risposta.
Quando Matteo Berrettini parla del Queen’s Club gli brillano gli occhi. Perché sarà pur vero che a Wimbledon ha toccato il punto più alto della sua carriera, ma è altrettanto vero che il Cinch Championships gli ha regalato una gioia dal valore incommensurabile: la sua prima vittoria in un Atp 500.
Un trionfo che gli è valso l’ingresso nell’albo d’oro del torneo britannico e che spera di poter bissare nelle prossime ore. Non sappiamo ancora come andrà a finire. Oggi disputerà la semifinale contro l’olandese Botic van de Zandschulp e domani, chissà, forse saremo qui a raccontare un’altra storia. Un’altra finale. Un altro sogno, magari.
Nel frattempo viene spontaneo chiedersi perché proprio il Queen’s. Cos’ha questo campo di così speciale da far sì che Berrettini tiri fuori il meglio di sé ogni volta che lo calca? E no, la ragione non è da ricercarsi solo nel fatto che è il romano è ormai a tutti gli effetti un “erbivoro” doc.
Berrettini e l’irresistibile richiamo cromatico del Queen’s
C’è qualcos’altro, pensateci bene, che giustifica ampiamente l’incredibile successo che Matteo ha riscosso al Club. E, giacché ci siamo, anche le tre vittorie che ha sin qui collezionato in questa settimana strepitosa. Qualcosa che non ha nulla a che vedere con la sua attitudine per l’erba e per il suo pollice verde.
Avrete certamente fatto caso a quale sia il colore predominante dello splendido campo in cui Berrettini ha alzato la sua coppa più prestigiosa, no? È il viola. E il viola tutto è, per il numero 1 d’Italia, fuorché un colore casuale.
Chi lo conosce bene sa che il romano tifa Fiorentina (a proposito, avevi visto il messaggio che il club toscano aveva dedicato al tennista?) e può intuire quanto piacere gli faccia giocare in una cornice che rende onore e omaggio alla sua incrollabile fede calcistica. Ci si sente particolarmente a suo agio, quello è evidente, e chissà, forse è proprio quella “botta” di viola a dargli la carica ogni volta che scende in campo in quello che, ormai, è un po’ il giardino di casa sua.