In questo gruppo di piccoli judoka c’è un bambino che è poi diventato una stella in un altro sport: avete idea di chi sia?
Gli italiani hanno corso un rischio grande così. Quello, cioè, di vedersi privati della presenza, sulla scena internazionale, di uno dei tennisti più incredibili che il Bel Paese abbia mai avuto. Perché arrivare fin sulla vetta del ranking Atp non è sempre stato il suo sogno nel cassetto. Tutt’altro.
Quando era bambino, il campione in questione non gradiva troppo racchette e palline. “Il tennis lo annoiava” rivelò la sua mamma in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, snocciolando anche una serie di particolari assolutamente inediti sul passato di questo fenomeno.
C’è stato un tempo in cui Matteo Berrettini, quindi, non era ancora Matteo Berrettini. Non era un top ten e neanche voleva esserlo, forse. Preferiva altri sport e ne ha esplorati anche parecchi, prima di capire quale fosse la sua strada. Cosa che non accadde neanche in maniera del tutto naturale e spontanea, a dire la verità.
Quando Berrettini preferiva il judo al tennis
Da piccolo, al romano arrivato secondo a Wimbledon 2021 piaceva di più il judo. Al cemento preferiva il tatami ed è solo grazie al fratello Jacopo, se ora possiamo rifarci gli occhi ammirando l’esplosiva miscela di dritto e servizio di questo granatiere ormai divenuto un fenomeno mondiale. Fu lui a spronarlo a dedicarsi a quello sport, col pretesto di giocare insieme.
Il pubblico si è accorto di lui passo dopo passo. Non è esploso tutto ad un tratto come Jannik Sinner o come Fabio Fognini, ma in un processo di crescita che è stato costante ed esponenziale ha dimostrato ben presto di saper stare anche in mezzo ai grandi del calibro di Roger Federer e Rafael Nadal.
Meno di un anno fa ha saputo tener testa al numero uno, Novak Djokovic, nel torneo che lo ha “consacrato”: quello di Wimbledon, dove pur essendo arrivato secondo ha vinto tutto. Ha vinto l’affetto degli italiani, lo status di campione, il rispetto degli avversari. E chissà come sarebbe andata, se avesse continuato col tatami anziché imbracciare la racchetta.