Berrettini, i suoi occhi hanno mentito: l’incredibile rivelazione

Berrettini, spunta un dettaglio inedito che ha a che fare con la carriera del tennista romano: ecco di cosa si tratta. 

“Sto facendo dei miracoli”. Questo ha detto Matteo Berrettini, non troppo tempo fa, a Vincenzo Santopadre, il suo coach. Ha proprio ragione, il tennista romano. Chi lo seguiva in tempi non sospetti sa bene quanti progressi abbia fatto in questa stagione. Così come se ne aspetta altrettanti nella prossima.

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Lo stop imposto dal suo infortunio non lo ha scalfito neanche un po’. Lui è pronto a tornare con la determinazione di sempre e con l’intenzione, soprattutto, di fare anche meglio di quanto non abbia fatto nel 2021. Non sarà facile. Ma le carte in regola per riuscirci, questo proprio no, non gli mancano.

Che avesse la stoffa del campione gli esperti se n’erano accorti subito. Ciò nonostante, qualcosa nel suo gioco non andava. Quello che ora è uno dei tennisti con il servizio più forte del circuito aveva qualche problema, infatti, con un altro fondamentale. Strano a dirsi, ma è così.

Berrettini, quel problema alla vista che poteva essere fatale

Berrettini
©️LaPresse

C’è stato un momento in cui il rovescio di Matteo Berrettini non era proprio il massimo. Funzionava, ma era debole. Oggi scopriamo, però, che il problema non era a livello preparatorio o tecnico. Era, bensì, una questione di vista, nel vero senso della parola. I suoi occhi, capirete poi perché, mentivano.

A svelarlo a Vanity Fair è stato Andrea Cagno, optometrista posturale-comportamentale, che collabora con la Fit. “Abbiamo scoperto – ha raccontato a proposito del numero 7 del mondo – che aveva un ritardo di 200 millisecondi nella visione della palla che arrivava. I suoi occhi erano orientati a destra. Significava che da quel lato giocava con più rapidità e sicurezza mentre da sinistra faticava di più”.

Lo si è scoperto nel momento in cui si è provveduto a valutare l’orientamento degli occhi, la rapidità dell’aggancio visivo e la capacità percettiva. E da allora, il suo modo di cambiare è giocato totalmente. “Nel suo caso abbiamo insistito su un punto: quando l’avversario colpisce tu devi già essere nella posizione di risposta. E così si è migliorato”.

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