Sinner, ora si gioca a carte scoperte: “Non si sentiva pronto”

Sinner e il tennis: in un’intervista una pioggia di rivelazioni sul passato e sul futuro del numero dieci del mondo. 

Le Finals e la Coppa Davis gli sono serviti soprattutto per un motivo: per conquistare il cuore degli italiani. E, a giudicare dall’accoglienza che gli è stata riservata al Pala Alpitour, Jannik Sinner ce l’ha decisamente fatta. Ha capito, ora, quanto sia importante avere il pubblico dalla propria parte.

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Le obiezioni che gli erano state mosse non troppo tempo fa sono dunque, finalmente, acqua passata. Il tennista altoatesino, lo ricordiamo, era stato criticato per la decisione di non partecipare alle Olimpiadi della scorsa estate. Nessuno l’aveva presa bene: in molti avevano letto in questa sua scelta una sorta di tendenza a “snobbare” la maglia azzurra per via delle sue origini e delle sue radici sudtirolesi e più affini, dunque, alla cultura germanica.

Non era questo, ovviamente, il motivo per il quale disertò l’appuntamento. E a raccontarci la verità è Riccardo Piatti, coach di Sinner: “È ridicolo pensare che Jannik non sia italiano al 100%: tiene moltissimo alla bandiera e alla maglia azzurra – ha rivelato al Messaggero – a Torino s’è visto come comunichi col pubblico e ami coinvolgerlo. È stato onesto come sempre: prima non si sentiva pronto, era stanco, ha fatto quello che ha ritenuto giusto”.

Il coach di Sinner e la verità sulle Olimpiadi di Tokyo

Sinner
©️LaPresse

Ma di dettagli sulla vita del numero 10 del mondo ne ha raccontati molti altri, il suo fedelissimo allenatore. Ora sappiamo, grazie a lui, che il tennis non è per Jannik una missione da portare a termine. “Si diverte a giocarlo“, dice Piatti, aggiungendo che “quando è all’Accademia di Bordighera si ferma a giocare coi più giovani, con mio figlio Rocco e gli altri ragazzi anche a calcio e a basket. Gli viene spontaneo”.

Non sono poi mancati, nell’intervista, i riferimenti al modo in cui lavora con Sinner. E c’è un aneddoto, molto curioso, sul quale vale la pena insistere: “Durante il lockdown gli ho fatto vedere tanti filmati di Federer, Nadal e Djokovic nelle finali importanti, ma non nelle fasi in cui hanno giocato bene e hanno vinto con tre vincenti uno dietro l’altro, ma quelle in cui giocavano male. Così Jannik – continua –  sa che anche a una campione può succedere: fa parte del gioco, del mentale, del tennis. A lui non deve succedere”.

Ecco come Sinner è diventato un campione da un giorno all’altro, dunque. Divertendosi in campo, quello è fondamentale, ma anche imparando a fare tesoro delle sconfitte. Che senza quelle non si migliorerebbe mai. E non si apprezzerebbe neanche il dolce sapore della vittoria.

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