Sinner o Nadal? Ecco qual è il sogno del cassetto del fenomeno spagnolo Carlos Alcaraz, protagonista delle Next Gen.
Si è “fatto fuori” due italiani nel giro di pochi giorni. Prima ha battuto Matteo Berrettini, frenando la sua corsa verso il podio dell’Atp di Vienna. Poi, a Parigi, ha stroncato il sogno di Jannik Sinner, che perdendo contro di lui ha visto svanire la possibilità di qualificarsi tra gli otto delle Atp Finals.
Leggi anche: Berrettini come i Maneskin: un finale di stagione rock
Ha ancora tanta strada da percorrere, Carlos Alcaraz, ma è talmente veloce che non dovrebbe metterci molto ad arrivare laddove si è prefissato. In vetta, cioè, laddove solo i più grandi meritano di stare.
Ha compiuto 18 anni da poco, ma è già il numero 35 al mondo. Quando ha debuttato in molti lo hanno etichettato come il nuovo Nadal. Questo paragone lo riempie d’orgoglio, ci mancherebbe pure che non fosse così, ma lui resta umile lo stesso. “Non voglio farmi schiacciare dalla pressione – ha rivelato alla Gazzetta dello sport – proseguo dritto sulla la mia strada che è ancora lunga e piena di lavoro da fare”.
Alcaraz vuole seguire le orme di Sinner
Un modello di riferimento, tuttavia, Carlos Alcaraz sembra avercelo. E non si tratta di Nadal, per quanto sia implicito che ogni nuovo aspirante campione possa ambire ad ottenere il suo stesso successo. Il fenomeno spagnolo vuole seguire le orme di qualcun altro.
Quel qualcuno risponde al nome di Jannik Sinner. È lui il suo modello di riferimento, e l’ammirazione che nutre nei suoi confronti trasuda da ogni sua singola parola: “Ho grande stima di Jannik che è anche un bravissimo ragazzo. Però ci andrei piano con i paragoni, lui è top 10 a 20 anni. Io spero – ha confessato alla Gazzetta – di essere nella sua posizione tra un paio di stagioni”.
C’è chi pensa che saranno proprio Sinner e Alcaraz i due rivali più acerrimi del tennis dei prossimi due o tre lustri. E lo spagnolo, in cuor suo, ci spera: “Sarebbe bello – aggiunge – ritrovarci tante volte uno contro l’altro per traguardi importanti. È proprio quello che ci siamo detti Parigi, alla fine del match, quando a rete gli ho sorriso”.