Supermercati, torna in auge una pratica che genera inflazione occulta e che raggira i consumatori. Ecco di cosa si tratta.
La confezione è sempre la stessa. Il prezzo anche. La qualità pure, in linea di massima. A cambiare è “solo” il quantitativo di prodotto contenuto all’interno del solito, e per questo rassicurante, packaging. Cosa della quale solo i consumatori più attenti e scrupolosi si accorgono al momento di fare la spesa.
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Questa pratica ha un nome ben preciso. Si chiama “shrinkflation” o, più semplicemente, “riporzionamento“. Consiste, appunto, nel diminuire la quantità di un certo prodotto – soprattutto di quelli destinati all’igiene personale e alla pulizia della casa, ma non solo – pur mantenendo inalterato l’aspetto generale della confezione. E, ovviamente, il costo.
Non c’è modo di accorgersi del trucco, se non quello di pesare il prodotto. Solo in quel modo ci si può rendere conto della differenza. E qualcuno che ne n’è accorto, in effetti, c’è. Come riferisce il Corriere della Sera, molti consumatori hanno scritto all’associazione Consumerismo No profit per lamentare il dilagare di un fenomeno che pesa come un macigno sulle tasche degli ignari compratori.
Supermercati, l’Antitrust aprirà un’inchiesta?
Qualcuno lamenta il fatto che il tubetto del dentifricio contenga ora 30 ml in meno rispetto a prima. Stessa cosa per il sapone per le mani e per il detersivo per i piatti. Qualcun altro, invece, si è accorto che la confezione di riso, generalmente da 1 kg, contiene ora 700, al massimo 800, grammi di chicchi. Quasi dimezzato il peso delle passate di pomodoro, idem per bevande e surgelati, riferisce sempre il Corriere.
Neanche i fazzoletti di carta sono più 10, all’interno del pacchetto, ma 9. Così come gli strappi della carta igienica, il numero delle salviette umidificate e così via. L’associazione che ha raccolto le segnalazioni dei consumatori ha stimato che, in media, i compratori portano a casa «il 20-30% di spesa in meno e infatti noi chiamiamo questa pratica “svuota carrello”».
Consumerismo No Profit ha ben pensato di denunciare il tutto all’Antitrust tramite un esposto. Entro i prossimi 180 giorni, il Garante per la concorrenza e il mercato dovrà decidere se aprire un’inchiesta o meno. «Riteniamo che sia una pratica commerciale scorretta – sostiene l’associazione – ed anche è pericolosa perché genera inflazione occulta, cioè un aumento dei prezzi che è superiore a quello contabilizzato nelle statistiche. Chiediamo di verificare quali marche hanno effettuato la pratica e quale è stata l’ingannevolezza».