La Super League prende forma, ma è già costretta a fare i conti con i primi problemi. Ecco quali sono i club che hanno rinunciato al progetto.
Dodici club europei hanno detto sì. Tant’è che i loro loghi e le foto degli stadi in cui giocano già campeggiano sul sito ufficiale della nuova Super League. Sta prendendo forma alla velocità della luce, la nuova competizione calcistica, ma non senza polemiche. E non senza rinunce importanti da parte di società che si contava potessero, invece, farne parte.
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Le massime istituzioni del calcio europeo non hanno accolto con entusiasmo questo progetto. In un comunicato congiunto lo hanno addirittura definito «cinico», dicendosi pronte a qualunque azione, anche giudiziaria, per difendere il principio delle «competizioni aperte» e dello sport basato sulla «meritocrazia».
C’è anche l’European Club Association, nell’esercito di chi è pronto ad avversare con qualunque mezzo a disposizione la nascita della Superlega. I suoi esponenti, come si apprende dalla nota pubblicata sul sito del Borussia Dortmund dall’amministratore delegato della società, si sono riuniti domenica sera per esprimersi in merito.
Super League, ecco chi non ne farà parte
Hans-Joachim Watzke ha così fatto sapere, ad incontro ultimato, che né il Bayern Monaco e né il Dorussia appoggeranno il progetto. I tedeschi preferiscono schierarsi con la Uefa e sostenere la riforma della già esistente Champions League, piuttosto che tuffarsi a capofitto in una nuova competizione calcistica. Osteggiata, peraltro, dai piani alti del mondo del calcio.
La Super League non avrà il loro appoggio, quindi. E neanche quello del Porto e del Paris Saint-Germain, che hanno già rifilato uno scottante due di picche ai 12 club fondatori che si sono fatti promotori di questo chiacchieratissimo progetto tutto europeo.
Sembrano profilarsi all’orizzonte, poi, altre rinunce “importanti”. Alludiamo a quelle delle squadre francesi invitate a partecipare alla Superlega. Anch’esse, per il momento, sembrano propendere per il no. Parrebbero orientate, ora come ora, a dare man forte alla Uefa e a proseguire lungo il tragitto, già tracciato, di riforma della Champions League.