Google Earth, la nuova funzione Timelapse manda i fan in visibilio. Ora il software regala ai suoi utenti un’esperienza ancor più incredibile.
Viaggiare è bellissimo. Ma viaggiare nel tempo – chi mai oserebbe dire il contrario? – sarebbe assolutamente straordinario. Possiamo però evitare, almeno per questa volta, di usare il condizionale. Proviamo invece ad utilizzare il tempo presente, giacché pare che finalmente esista un modo per andare a ritroso negli anni.
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Per farlo non ci serve la macchina del tempo del Professor Merlin, di disneyana memoria. Ci occorre solo ed esclusivamente un software intuitivo e alla portata di tutti. Che molti di noi già usano quotidianamente per sognare ad occhi aperti, saltellando dalla Nuova Zelanda a Timbuctù con un semplice click.
Sì, stiamo parlando di lui, del mitico Google Earth. E sì, avete capito bene: da oggi, il sofisticatissimo programma che usa le immagini satellitari ottenute dal telerilevamento terrestre vi permetterà di fare molto più, che una semplice passeggiata virtuale per il pianeta.
Google Earth ti dà la possibilità, oggi, di partire alla volta di uno straordinario viaggio nel tempo. Il merito è della funzione Timelapse, appena introdotta, per effetto della quale 24 milioni di immagini satellitari, risalenti al periodo compreso tra il 1984 e il 2020, sono state aggiunte al servizio. Da queste immagini è possibile vedere con i propri occhi come i luoghi si siano evoluti nel corso del tempo.
Questa nuova feature permette, perciò, di selezionare una determinata area geografica e di osservarne i cambiamenti grazie alle immagini archiviate e debitamente mappate. Potrete andare ad Osaka, ad esempio, se amate le atmosfere orientali, oppure a New York, a Londra. Ovunque voi vogliate, insomma.
E scoprire, servendovi solo di un computer e di un mouse, come queste metropoli siano mutate per effetto di fenomeni quali attività minerarie, deforestazione, cambiamenti climatici e così via. Non c’è che dire, insomma: Google Earth era straordinario già prima, ora lo è ancor di più.
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