Il presidente della Figc Gravina ha indicato il 20 maggio come data per la ripartenza della Serie A, ma alcuni club non ne vogliono sapere.
Come tantissime altre attività, anche la Serie A è stata fermata dall’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del coronavirus, con cui il mondo intero sta facendo i conti. Ora, si tratta di capire se e quando tutte le competizioni calcistiche interrotte riprenderanno.
La UEFA cercherà di portare a termine la Champions e l’Europa League, anche a costo di prolungare gli impegni fino a estate inoltrata (il 3 agosto è il termine ultimo), come è emerso da una videoconferenza andata in scena nella giornata di ieri.
Per quanto riguarda il campionato di Serie A, invece, c’è da registrare una notevole spaccatura. Il presidente della FIGC, Gabriele Gravina, ha annunciato che si tenterà di ricominciare il 20 maggio o, in alternativa, all’inizio di giugno, per poi concludere le attività entro luglio. Alcuni club sono favorevoli a una ripartenza, mentre molti altri propendono per una conclusione anticipata dell’attuale stagione.
Gli interessi personali rischiano di incidere sulle opinioni dei presidenti delle società del massimo campionato italiano. Chi è in lotta per un traguardo importante, vorrebbe ovviamente che si riprendesse a giocare. Coloro che rischiano la retrocessione, invece, propendono per una sospensione definitiva.
Al di là di questi aspetti, comunque, ci sono anche problemi oggettivi da tenere in considerazione, a cominciare dalla necessità di comprimere in modo eccessivo il calendario e dal conseguente rischio di far aumentare notevolmente il numero degli infortuni.
Un’altra situazione delicata riguarda la preparazione atletica delle squadre. Attualmente, infatti, gli allenamenti in gruppo non sono ancora permessi per decreto del governo almeno fino al 13 aprile. Si tratterà di capire, dunque, quando i centri sportivi potranno effettivamente essere riaperti. In questo momento, peraltro, alcuni calciatori di Serie A si trovano fuori dall’Italia, essendo recentemente tornati nei rispettivi Paesi di origine.
Chiudere tardi questo campionato, inoltre, comporterebbe problemi in vista di quello successivo: il periodo di pausa tra le due stagioni, infatti, sarebbe decisamente ridotto.
Numerosi club, peraltro, non vorrebbero andare oltre la data del 30 giugno per una lunga serie di ragioni. Ci sarebbe bisogno di proroghe per i contratti di tanti calciatori, per le scadenze bancarie, per la sessione di mercato, per la presentazione dei bilanci e delle licenze per l’iscrizione alla stagione seguente.
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Il fronte contrario a una ripresa dell’attuale campionato di Serie A è capeggiato dal presidente del Brescia, Massimo Cellino, che ha posto l’accento anche su una questione di tipo etico.
Ecco le sue parole in un’intervista alla “Gazzetta dello Sport“: «Qui abbiamo i camion che trasportano i morti. Siamo al centro dell’epidemia, sono date tutte sballate. In ogni caso, i giocatori vengono da quarantacinque giorni di totale inattività: serve un mese di allenamento solo per rimetterli in forma. Altrimenti, rischiano di rompersi tutti. Nei giorni scorsi, ho messo a disposizione il centro sportivo per allenamenti individuali di singoli giocatori seguiti a distanza da un preparatore e un medico. Dopo neanche mezz’ora di corsa, due si sono stirati. A me di retrocedere non frega nulla: finora ce lo siamo meritato e anche io ho le mie colpe. Faccio un discorso generale. Per finire a giugno ci aspetta un tour de force impossibile e rischioso, per prolungare la stagione serve cambiare tutte le regole nazionali e internazionali: contratti dei giocatori, bilanci, scadenze con le banche, calciomercato, preparazione, inizio della nuova stagione. Un caos assoluto. Per me, tornare all’attività è una pura follia. Se ci costringono, sono disposto a non schierare la squadra e perdere le partite 3-0 a tavolino per rispetto dei cittadini di Brescia e dei loro cari che non ci sono più».
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