Circola su WhatsApp una dubbia modalità di preparazione del lievito di birra “fatto in casa”, smentita dalla scienza e dal buon senso.
Una ricetta sul “lievito di birra fatto in casa” è il contenuto di un messaggio che da alcuni giorni circola molto su WhatsApp e sui social. I soli ingredienti riportati sono farina, zucchero e birra, e l’ipotesi sostenuta è che impastandoli e lasciandoli riposare si possa ottenere del lievito di birra. Come prontamente contestato da alcune fonti scientifiche e accreditate, non è possibile ricavare del lievito di birra efficace a partire da questi soli ingredienti.
Il chimico e docente universitario Dario Bressanini, apprezzato divulgatore e autore per la rivista Le Scienze, ha condotto un semplice esperimento a partire dalla ricetta del lievito di birra fatto in casa circolata su WhatsApp. Ha utilizzato una birra non pastorizzata, quindi teoricamente meno priva di sostanze rispetto a quelle pastorizzate e destinate a una larga distribuzione industriale.
L’esperimento indica che nemmeno nel caso delle birre non pastorizzate sono presenti sostanze “vive” in quantità sufficiente a sperare di ricavarne del lievito. “Questa pseudoricetta potrebbe pure essere pericolosa, dato che non sai cosa si sviluppa dentro”, avvisa Bressanini in un commento. E il rischio, specifica, è tanto più alto se si usa una birra con poco alcol.
Il sito di cucina Dissapore propone una ricetta simile a quella del messaggio dei social, attribuendola a uno chef istruttore della International Pizza Academy. Avvisa però che il tipo di lievito ottenuto con questo metodo avrà comunque una ridotta capacità lievitante rispetto a quella dei lieviti disponibili al supermercato.
Il lievito di birra per panificazione è uno dei prodotti commerciali comunemente utilizzati per la preparazione di pizza, pane e altri prodotti da forno. Si ottiene industrialmente e su larga scala tramite appropriate tecniche di coltura di organismi unicellulari (Saccharomycetaceae) capaci di sviluppare fermentazione.
Il cosiddetto lievito madre è invece il prodotto di un rimpasto di acqua e farina e altri ingredienti. A determinate temperature costanti diventa sede di una proliferazione di vari microrganismi. Tramite successivi rimpasti con altra acqua e altra farina questo pezzo di pasta acida, rinnovando la proliferazione di batteri, può mantenere una qualche azione lievitante.
Altri metodi utilizzati in molti casi – ma non tutti – al posto del lievito di birra sono i lieviti ottenuti unendo sostanze basiche e sostanze acide, che reagiscono al contatto con l’acqua. È il caso di molti lieviti in busta, o per esempio del cremor tartaro (un sale di potassio dell’acido tartarico) unito al bicarbonato. A volte, ma solo nel caso di impasti già sufficientemente acidi in partenza (quelli con molto yogurt, per esempio), la sola azione del bicarbonato può bastare.
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Semplificando molto, il compito di qualsiasi sostanza lievitante, unita negli impasti durante la preparazione di pasta, pane, pizze o dolci, è quello di liberare anidride carbonica. Le bollicine permettono di far crescere la massa e conferire al prodotto finale maggiori digeribilità, sofficità e possibilità di conservazione.
Questo contenuto è stato modificato 28 Marzo 2020 13:05
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