A dicembre dell’anno scorso un gruppo di autorevoli giocatori della Roma – Daniele De Rossi, Edin Dzeko, Aleksandar Kolarov e Kostas Manolas – avrebbe manifestato insoddisfazione nei confronti del lavoro del direttore sportivo Monchi e dell’allenatore Eusebio Di Francesco, in presenza di alcuni dipendenti della squadra che avrebbero a loro volta riferito tutto al presidente James Pallotta. È una tesi sostenuta oggi da Repubblica in un articolo di Carlo Bonini e Marco Mensurati, in cui gli autori dichiarano di avere avuto “accesso a fonti dirette e carteggi interni” da cui emergerebbe anche una sottaciuta insofferenza di alcuni nei confronti del dirigente ed ex calciatore Francesco Totti. Questi dissidi interni – clamorosi e per molti versi incredibili, di cui si sta parlando molto – sarebbero peraltro alla base della recente scelta della società di non rinnovare il contratto a De Rossi.
L’intero impianto della tesi sostenuta dal quotidiano si fonda su una email dell’ex preparatore atletico della Roma Ed Lippie, per tre anni alla Roma e molto vicino al presidente. Il 16 dicembre, tempo dopo aver lasciato il suo incarico, Lippie avrebbe informato per email Pallotta di una situazione di grave instabilità all’interno della squadra, della quale Lippie era stato a sua volta messo al corrente dal medico sociale Riccardo Del Vescovo e dal fisioterapista Damiano Stefanini.
In questa email Lippie riferirebbe di diffuse insoddisfazioni da parte di quattro “senatori” – Kolarov, Manolas, Dzeko e De Rossi – nei confronti del ds Monchi e dell’allenatore Di Francesco per la gestione del mercato e della squadra. E farebbe anche riferimento alle lamentele di Del Vescovo e Stefanini rispetto a una presunta subordinazione dell’ambiente nei confronti di Totti, ritenuta nociva. Da questa email emergerebbe infine un’intenzione più o meno condivisa di chiedere alla proprietà di allontanare Di Francesco, Monchi e lo stesso Totti.
Un altro punto piuttosto eclatante dell’articolo di Bonini e Mensurati è la frase “vi faccio arrivare decimi”, attribuita a De Rossi in un suo presunto avvertimento alla società nella prima parte della stagione. Repubblica sostiene che il centrocampista della Roma, avendo recepito l’acquisto del francese Steven N’Zonzi come un “avviso di sfratto”, avesse prima chiesto di risolvere la situazione e poi richiesto una rescissione del contratto. Quel dissidio iniziale sarebbe poi stato provvisoriamente superato, sebbene il giornale non chiarisca come. Da questa situazione di confusione, rivalità e profondi contrasti interni sarebbero poi derivate ulteriori complicazioni al momento in cui il contenuto di quella email di Lippie è stato reso noto a tutti i principali dirigenti.
Monchi aveva a quel punto presentato le dimissioni, rifiutate dalla società, scrive Repubblica. E lo stesso Di Francesco, sempre secondo il quotidiano, aveva chiesto di essere mandato via per il bene della squadra dopo la sconfitta in Coppa Italia contro la Fiorentina e la sconfitta nel derby (quindi prima del suo esonero, avvenuto concretamente a marzo dopo l’eliminazione dalla Champions League). Scrive Repubblica:
Dopo il ko di Champions vengono accompagnati alla porta, insieme a Di Francesco e Monchi anche Del Vescovo e Stefanini. Nessuno fuori da Trigoria si chiede il perché, ci si accontenta della versione ufficiale, quella che li vuole responsabili dei troppi infortuni. Lo spogliatoio il perché lo conosce. E prende le difese di Stefanini, cui De Rossi è legatissimo (è una delle tre persone che il capitano citerà nella sua lettera di addio). I senatori si convincono che la pulizia abbia un mandante, Francesco Totti. E tra lui e De Rossi scende un gelo che durerà fino alla fine. Fino a quell’ultimo fotogramma di domenica 26, con Totti sotto l’ombrello, le mani in tasca e una faccia che è una maschera di amarezza per quella festa triste di cui conosce il non detto.
L’articolo di Repubblica, di lettura non del tutto scorrevole e scritto in una prosa molto letteraria (l’esatto opposto della “prosa anglosassone, asciutta” attribuita a Lippie), sembra quindi suggerire una lettura ancora più complessa e problematica della recente separazione tra De Rossi e la Roma. Nei giorni scorsi diversi giornali e siti di news avevano ripreso il momento dell’abbraccio tra Totti e De Rossi, avvenuto domenica scorsa al termine dell’ultima partita di campionato, e ultima partita di De Rossi da giocatore della Roma all’Olimpico, vinta per 2-1 contro il Parma. Si è molto parlato di una frase – “Io non volevo”, hanno inteso alcuni – apparentemente pronunciata da De Rossi a Totti (o viceversa).
Non è affatto chiaro quale possa essere l’interpretazione di quella frase, ammesso che sia quella, né chi sia stato a pronunciarla tra i due. E non aiuta a fare chiarezza neppure l’articolo di Repubblica, che in alcuni passaggi sembra sottrarsi a un più approfondito e rigoroso lavoro di verifica. “Se le fonti dell’ex preparatore dicono il vero”, scrivono a un certo punto gli autori, quasi come ad ammettere la possibilità che tra i numerosi passaggi qualcosa si sia perso, di una eventuale verità di fondo. In una nota ufficiale la società AS Roma ha scritto:
Contrariamente all’abitudine del Club, che non è solito commentare le indiscrezioni di stampa, a tutela delle persone menzionate nel servizio, l’AS Roma ritiene che non sia attendibile trasformare in fatti eventuali opinioni espresse da terzi, e riportate a terzi, delineando in questo modo un quadro distorto e totalmente distante dalla realtà.
Nel corso di una trasmissione radiofonica su Tele Radio Stereo il giornalista Daniele Lo Monaco ha detto che De Rossi starebbe valutando l’ipotesi di presentare una querela al quotidiano. “Qualcuno sta provando a danneggiare la Roma con continue bugie”, ha detto il presidente Pallotta al Messaggero, dopo aver smentito più coloritamente l’autenticità delle fonti consultate da Repubblica.