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Categorie: BASKETNBA

Nba, è l’ora delle Finals

Stanotte alle 3.00 c’è l’attesa gara-1 tra San Antonio e Miami, di nuovo una di fronte all’altra dopo la bellissima finale dello scorso anno. Gli Spurs, che quest’anno hanno il vantaggio del fattore campo, sognano di prendersi la rivincita, ma per fermare LeBron James serve un’impresa. Il Veggente vi propone un’analisi dettagliata di una delle sfide più avvincenti di sempre.

SAN ANTONIO SPURS – MIAMI HEAT

Che barba, che noia: un anno dopo siamo punto e a capo. Chi segue sporadicamente l’Nba nel leggere i nomi delle due squadre approdate alle Finals 2014 avrà senz’altro esclamato: «Ancora loro?». Ebbene sì, ancora loro. Spurs contro Heat, di nuovo. Gli amanti dell’alternanza, che si aspettavano di meglio anche a causa di un primo turno di playoff che sembrava poter partorire qualche sorpresa, saranno rimasti delusi. Alla fine il cerchio, a 365 giorni di distanza, si sta per chiudere. Quella serie epica, decisa al termine di sette gare da antologia e vinta all’ultimo respiro da Miami, d’altronde se lo meritava eccome un remake. Che nella lega mancava addirittura dalla stagione 1997-98, quando Michael Jordan e i suoi Chicago Bulls chiusero la loro leggendaria epopea lasciando a bocca asciutta per la seconda volta di fila gli Utah Jazz di Stockton e Malone. Comunque vada a finire, anche chi sopravvivrà a questa battaglia è destinato a scrivere un importante pezzo di storia: tra circa due settimane staremo a parlare del fatidico Threepeat degli Heat e di LeBron James (a dodici anni da quello dei Lakers di Shaq&Kobe) oppure del quinto anello per Tim Duncan e coach Popovich e quindi della tremenda vendetta di San Antonio?

Come ci arrivano gli Spurs
Per San Antonio e i suoi Big 3 – Parker, Duncan e Ginobili – si tratta molto probabilmente dell’ultima (forse) grande occasione di vincere un titolo, che sarebbe il quinto nella storia della franchigia. Un anno fa lo hanno mancato per un soffio proprio contro Miami: l’incredibile tripla di Ray Allen in gara-6 è ancora nei loro occhi e, nonostante siano quasi dei quarantenni, hanno accettato di rimettersi in gioco e di riprovarci. Non vedevano l’ora. Hanno dominato la regular season e pure i playoff, a parte qualche brivido (Mavericks e Thunder). Allenati dal miglior coach del pianeta, Gregg Popovich, giocano la pallacanestro perfetta, coinvolgendo ogni singolo giocatore e regalando spettacolo. La loro panchina, che già può disporre di talenti sopraffini come Ginobili e Diaw, è più profonda rispetto allo scorso anno, se consideriamo la crescita dei vari Mills e Belinelli (a proposito, Marco è il primo italiano a disputare le Finals, chapeau). L’incognita è però rappresentata dalle condizioni di Tony Parker che non sarà al 100% per via di un infortunio alla caviglia rimediato nella serie con Oklahoma City: la salute del francese sarà l’ago della bilancia delle Finals.

Come ci arrivano gli Heat
Tra James e il suo terzo titolo, che lo consacrerebbe direttamente tra i più grandi di sempre, ci sono ancora loro: i San Antonio Spurs. Ripetersi non è mai facile, ma gli Heat hanno dimostrato in questi playoff di avere ancora tanto appetito. D’altra parte, devono rispettare la promessa del 2010, quella del «non uno, non due, non tre, non quattro…». Dopo una regular season così così, dove evidentemente si sono risparmiati per arrivare carichi nella fase finale della stagione, hanno fatto un sol boccone degli avversari, approfittando di un Est mai così scarso: Bobcats, Nets e Pacers non hanno fatto manco il solletico ai campioni in carica, che giungono alle Finals – le quarte di fila – abbastanza riposati e in uno stato di forma ottimale. Il talento abbonda, difendono come pochi e nei finali punto a punto sono quasi imbattibili. La panchina è meno profonda di quella dei texani (quest’anno hanno pure perso Miller) ma possono contare su un LeBron straripante – che Pop cercherà di tenere il più possibile alla larga dal ferro lasciandogli spazio sul perimetro – ma in realtà hanno tante armi per fare male: altri fior di campioni come Wade (le sue ginocchia si stanno comportando bene), Bosh e Allen sono pronti a colpire in caso di raddoppi sul Prescelto.

Chi avvantaggia il nuovo format?
La vera novità rispetto allo scorso anno è il cambio della formula. I vertici della Nba, seppur a malincuore, hanno abbandonato il formato 2-3-2 e sono tornati al caro vecchio 2-2-1-1-1. Apparentemente sembrerebbe un vantaggio per gli Spurs, che stavolta godranno del vantaggio del fattore campo in virtù del miglior piazzamento in regular season. Ma siamo sicuri che giocarne tre in casa di fila – ed essere costretti per forza a vincerle tutte, magari dovendo rimontare un 2-0 – non fosse un handicap per la squadra peggio classificata?

Si parte stanotte alle 3.00 con gara-1
In Texas tutto è pronto per il primo atto. L’entusiasmo del pubblico è stato sempre un punto di forza degli Spurs: quest’anno solo Dallas è riuscita ad espugnare il fortino dell’Alamo. Tony Parker ha rassicurato i tifosi neroargento dicendo che sarà sicuramente in campo. Difficile però che Popovich possa riservargli molti minuti, cercando di preservarlo e farlo recuperare con calma in vista delle prossime gare. In quintetto dovrebbe rientrare Splitter, dopo il fortunato esperimento Bonner negli ultimi due incontri con OKC. Dall’altra parte la tentazione di Spoelstra è partire subito con il quintetto piccolo, con James ala grande e Bosh centro. San Antonio è leggermente favorita, specie se riuscirà a prendere il largo nei primi tre quarti. Ma la partita resta comunque apertissima: da giocare il segno “under” perché ha tutta l’aria di essere un match equilibrato, dove saranno protagoniste le difese.

PRONOSTICI:
Under 200.5 (1.77, #)
1×2 (5.5 punti) – X (2.60 #)
1 (1.55, #)

redazione

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