Oklahoma City e Indiana obbligate a vincere gara-6 per non uscire subito di scena: non sarà semplice perché entrambe giocheranno fuori casa. Ultima chiamata anche per i Warriors, condannati al successo contro i Clippers per potersi giocare tutto a gara-7.
Quello dei Pacers è diventato uno psicodramma. Gara-5 doveva essere quella della redenzione e invece non ha fatto altro che avvicinare ancora di più il baratro di una fragorosa eliminazione. I due jolly pescati da Budenholzer dal fondo della panchina di Atlanta – ci riferiamo ai semisconosciuti che rispondono ai nomi di Mike Scott e Shelvin Mack – hanno fatto a fettine ciò che è rimasto della difesa di Indiana con le loro triple (37 punti in due). I Pacers, sotto di trenta punti e sommersi dai fischi di una Bankers Life Fieldhouse stanca delle figuracce che stanno rimediando il loro beniamini, hanno provato a tirare fuori l’orgoglio ma era ormai troppo tardi e la serie già bell’e compromessa. Se vuole tenere viva la speranza di arrivare alle semifinali, Indiana deve vincere oggi per poi puntare tutto su gara-7, che avrà il vantaggio di disputare davanti ai propri tifosi. Una montagna da scalare se pensiamo al rendimento negativo di gente come Hibbert – il cui talento sembra essere stato rapito dagli alieni del noto film Space Jam – e Stephenson, disastrosi in attacco e inefficaci in difesa. Tolto George, che da solo per ovvie ragioni non può fare la differenza, la squadra è come se fosse implosa e ora non si riuscissero più a ricomporre i pezzi. Gli Hawks sono vicini ad uno storico traguardo che stanotte, se riusciranno a mantenere la stessa tranquillità e la stessa concretezza che li hanno contraddistinti finora, è davvero a portata di mano.
L’ambito trofeo di MVP della regular season sta per arrivare tra le sue mani. Ma Kevin Durant motivi per sorridere ne ha veramente pochi. I suoi Thunder stanotte affronteranno gara-6 con le spalle al muro. Memphis conduce la serie per 3-2 e tra poche ore avrà a disposizione il primo match point per chiudere i conti. Gara-5, terminata 100-99 e ancora all’overtime, è stata la prova di come i Grizzlies abbiano individuato i punti deboli di una gruppo che sembrava destinato a tagliare traguardi importanti: in molti, anche tra gli addetti ai lavori, erano convinti che quest’anno l’anello fosse roba loro. E invece il pronostico iniziale rischia di essere ribaltato. Tanti, troppi i tiri che prendono e sbagliano KD e Russell Westbrook. La rimonta da -20 è soprattutto merito dei due fenomeni, ma alla fine la differenza la fa come al solito il gioco di squadra, caratteristica che a Memphis non manca di certo: nell’ultimo match di Oklahoma City, i Grizzlies hanno mandato in doppia cifra tre giocati su cinque del quintetto titolare, con il contributo (21 punti) di un sontuoso Mike Miller in uscita dalla panchina. I Thunder al momento sono come un pugile suonato che ha subìto l’ennesimo colpo e sta per finire k.o. Sta a loro rialzarsi oppure gettarsi definitivamente a terra. Davanti abbiamo una partita ad alta tensione, troppo importante per Oklahoma che si gioca molto più di un semplice passaggio del turno.
La prima gara dei Clippers dell’era post-Sterling – il proprietario è stato bandito a vita dalla Nba per aver pronunciato alcune frasi a sfondo razzista – è probabilmente destinata ad essere una delle più importante della loro storia avida di successi. In gara-5, Los Angeles, quasi a voler sfogare la propria rabbia sul parquet, ha cancellato la brutta prestazione di gara-4 a Oakland partendo subito a razzo e mettendo alle strette i Warriors, arginati da una grande difesa di DeAndre Jordan, di gran lunga il migliore dei suoi. Il centro titolare degli uomini di Doc Rivers, tra l’altro uno dei primi a replicare a muso duro al patron, è stato il dominatore dell’area piccola con 25 punti, 18 rimbalzi e 4 stoppate, il primo dal 2008 – l’ultimo fu Tim Duncan – in grado di collezionare numeri del genere ai playoff. Golden State è rimasta alla calcagna dei Clippers per buona parte del match, finito 113-103 per i padroni di casa, grazie ai canestri degli Splash Brothers, vale a dire Curry e Thompson, ma poi è crollata soprattutto a causa dello scarso apporto dei comprimari che continuano a non essere all’altezza. Stanotte è “win or go home” anche per loro: in casa però è tutto un altro paio di maniche e il calore dell’Oracle Arena potrà spinger Golden State verso l’ennesima impresa.
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